Archivio mensile 19/03/2018

COMPRARE CASE IN CLASSE A

NON SEMPRE CONVIENE COMPRARE CASA IN CLASSE A
Gli incentivi fiscali e soprattutto gli obblighi di legge contribuiranno a diffondere sempre di più le abitazioni ad alta prestazione energetica. Eppure, a livello di compravendite, queste rappresentano ancora una nicchia. Colpa del costo, certo, ma anche perché i potenziali acquirenti faticano a soppesare davvero la bontà della scelta. In quanto tempo ammortizzerò la spesa, a livello di risparmio energetico? Quanto varrà di più l’immobile? Oppure, se dovessi
ristrutturare, perché mi converrebbe “spingermi” fino alla classe A o oltre?
Oggi, secondo il rapporto congiunto i-Com-Enea-Fiaip, sul totale delle compravendite non più del 3-7% rientra nelle classi A+, A e B. E non va meglio per gli alloggi ristrutturati, che spesso si fermano alla C, e solo l’11% di queste operazioni eleva l’immobile dalla B in su.
Quanto ai prezzi, tracciare una media è difficile. «Se parliamo dei centri delle grandi città, gran parte del costo è dovuto alla posizione, più che alla classe energetica. Per acquistare questo
tipo di soluzioni, è sempre meglio spostarsi verso la periferia», ragiona Franco D’Amore, direttore dell’area Energia di i-Com.

Secondo (…) il prezzo medio degli immobili in Italia è di 1.940 euro al metro quadrato, mentre il costo medio per una casa in classe A è di 2.618 euro, una differenza quindi del 34%, ma che può toccare punte del 60% per progetti di particolare pregio, magari in classe A++, oppure vicini al centro.
E anche nella scelta “nuovo in classe A” contro “ristrutturato”, la seconda soluzione conviene sensibilmente: gli alloggi risistemati costano in media 2.262 euro al metro e consentono un risparmio vicino al 16 per cento. Perché, allora, investire nell’alta efficienza? «Tra breve, chi sceglierà il nuovo sarà obbligato a ricadere in queste classi per un mix di obblighi normativi», dice Domenico Prisinzano, ingegnere dell’unità Efficienza energetica dell’Enea. Almeno sulla carta infatti, dal 2021 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a energia quasi-zero, stando al D.M. 26 giugno 2015, il cosiddetto “requisiti minimi”. In virtù del Dlgs 28 del 2011,
FIAIP News24, numero 43 – Maggio 2017 6 almeno il 50% dei consumi dovranno essere coperti da fonti rinnovabili, già per tutte le licenze edilizie richieste dal 1° gennaio 2018 (doveva essere 2017, ma il termine è stato esteso con l’ultimo decreto Milleproroghe). Eppure, se ci sarà l’obbligo a costruire, di sicuro non esisterà quello di acquistare immobili ad alta efficienza. E lo stock di immobili “energivori” sarà sempre
elevato e più a buon mercato.
Un paragone, calcolato da i-Com, potrebbe però convincere l’investitore anche solo a operare una buona ristrutturazione. Supponiamo di avere due abitazioni di 100 metri quadrati, una in classe A+ con un consumo energetico pari a 12 KWh/mq anno e una in classe G, con consumi pari a 210 kWh/m2 anno, alimentate a gas e posizionate in centro Italia. Si possono stimare costi per la gestione energetica di 170 euro l’anno nel primo caso e 1.440 nel secondo. Su un periodo di 15 anni, equivalgono a 2.550 euro (25,5 al metro) e di 21.600 (216 euro al metro).
Vediamo questi valori in rapporto ai prezzi. Per un immobile da ristrutturare, che si suppone in classe G, un valore medio di mercato oggi può approssimarsi in 1.500 euro al metro quadrato.
Significa che su questo valore i costi energetici incidono per circa il 14%. «Ristrutturando questo immobile e portandolo in classe A+, il suo valore di mercato, solo considerando i
risparmi energetici cumulati su 15 anni, dovrebbe aumentare di circa il 14%», conclude D’Amore di i-Com.
(Adriano Lovera, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Casa24”, 20 aprile 2017)

LA VENDITA ALL’ASTA SANA GLI ABUSI?

LA VENDITA ALL’ASTA NON SANA GLI ABUSI EDILIZI
La vendita all’asta di un immobile nell’ambito di una procedura espropriativa non comporta nessun effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati. A ribadirlo è il Consiglio di Stato,con sentenza del 2 maggio 2017, n. 1996.
Sempre più frequentemente si preferisce acquistare un immobile attraverso il canale delle aste giudiziarie: sia perché il prezzo di aggiudicazione è, spesso, molto più basso del valore di mercato, sia perché si evitano le spese del rogito notarile; difatti l’immobile viene trasferito all’aggiudicatario mediante il decreto di trasferimento adottato dal giudice.
Inoltre, è possibile avvalersi di agevolazioni fiscali; a tal riguardo si ricorda che l’art. 16 del D.L. n. 18/2016, convertito dalla L. n.49/2016, ha introdotto un regime di notevole favore per gli acquisti di immobili all’asta. Tuttavia, occorre tener presente che gli immobili sottoposti a pignoramento possono essere venduti anche nel caso in cui siano stati edificati commettendo abusi edilizi: in tal caso, entro quanto tempo è possibile sanare gli illeciti edilizi di un siffatto immobile acquistato all’asta?
Il Legislatore, proprio in merito alla scansione dei tempi per attivare la procedura di sanabilità delle opere, all’art. 40, ultimo comma, della Legge numero 47 del 1985, ha disposto che “nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.


Tuttavia, dal tenore della predetta disposizione non è assolutamente possibile dedurre che gli illeciti edilizi possano ritenersi sanati sic et simpliciter per effetto della sola conclusione della procedura esecutiva immobiliare.
Ad affermarlo è il Consiglio di Stato – con sentenza del 2 maggio 2017, n. 1996 – secondo cui
“La vendita all’asta di un immobile nell’ambito di una procedura espropriativa non importa alcun effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati”.
Nel nostro ordinamento, difatti, non si rinviene nessuna disposizione normativa positiva da cui dedurre che la vendita all’asta, nell’ambito di una procedura espropriativa, comporterebbe effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati.
Del resto alla medesima conclusione non è possibile pervenire neppure applicando il principio generale del c.d. “effetto purgativo” derivante dalla natura di acquisto a titolo originario del bene, effetto che riguarda più propriamente i diritti, i pesi e le limitazioni legali gravanti sul bene e non già lo stato di fatto materiale e antigiuridico in cui in ipotesi si trovi il bene.
Qualora l’abuso non sia sanabile, quali obblighi gravano sul compratore? Il compratore è tenuto a ripristinare in toto l’immobile allo stato precedente gli abusi edilizi; tuttavia, dal prezzo di asta dovrà essere decurtato l’importo necessario per il relativo ripristino.
(Daniela Sibilio, Il Sole24ORE – Estratto da “Tecnici24”, 16 maggio 2017)