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AUGURI DI BUON NATALE NELL’ANNO DEL COVID-19

L’arrivo del COVID-19, ha sconvolto in poco tempo le nostre vite, imponendoci un diverso stile di vita.

Frederick W. Robertson ci dice: “ La Casa è l’unico posto in tutto questo mondo dove i cuori sono al sicuro. E’ il luogo della fiducia. E’ il luogo dove ci strappiamo quella maschera fredda e sospettosa che il mondo ci costringe a indossare come auto-difesa, e dove ci confidiamo e parliamo senza riserve e con il cuore pieno. E’ il luogo in cui le espressioni di tenerezza sgorgano senza alcuna sensazione di imbarazzo e senza timore del ridicolo.”

Penso abbia proprio ragione, il 2020 se ne sta andando, vedendomi soddisfatto, per aver contribuito a realizzare uno dei vostri sogni, per essere stato un riferimento certo e professionale per l’operazione più importante della vostra vita, emozionandomi ogni volta, come la prima, per la vostra soddisfazione.

Pertanto l’Agenzia Tecnostudio Immobiliare nella persona del Geom. Del Cima Paolo R. Augura Buone Feste a tutti i clienti, passati, presenti e futuri sperando che ciascuno di voi abbia realizzato, o possa realizzare con successo il suo sogno.

La vostra fiducia è stato e rimane il mio più bel regalo di questo Natale.

Di nuovo Auguri a tutti Voi per un Felice e Sereno Natale.

5 REGOLE DA SEGUIRE PER SCEGLIERE L’AGENZIA IMMOBILIARE GIUSTA

Come scegliere la giusta Agenzia Immobiliare

Sicuramente ci sono tantissime cose che non sai sulla tua futura vendita e dovrai chiederle; le risposte che riceverai dall’agente immobiliare dovranno essere brevi e semplici.

 

DA EVITARE

  • Agenti Immobiliari e quindi Agenzie Immobiliari difficili da contattare;
  • Agenti Immobiliari e quindi Agenzie Immobiliari di cui non trovi referenze, né nel mondo reale né nel mondo online;
  • Agenti Immobiliari e quindi Agenzie Immobiliari che coprono un’area troppo grande o troppe tipologie

 

5 REGOLE DA SEGUIRE PER SCEGLIERE L’AGENZIA IMMOBILIARE GIUSTA

 

 

1) PRENDI INFORMAZIONI SULL’AGENZIA E SULL’AGENTE IMMOBILIARE

  • Quali zone sono di sua pertinenza?
  • Qual è la sua reputazione?
  • L’Agente con cui interagisci è regolarmente abilitato?
  • Sarai seguito sempre dallo stesso Agente o no?
  • E’ facile contattare l’Agente Immobiliare oppure no?
  • Risponde in maniera chiara e gentile alle tue domande?
  • L’ubicazione dell’Agenzia è in un luogo ben visibile e di passaggio?

 

2) CHIEDI ALL’AGENZIA IN CHE RAMO E’ SPECIALIZZATA

Quando sei nella situazione di scegliere il tuo Agente Imm., gli elementi importanti sono il suo grado di specializzazione e la sua esperienza.

QUINDI:

  • se tu volessi vendere casa, sarebbe meglio un Agente abituato a vendere case e non uno che abitualmente vende locali industriali, negozi, uffici;
  • se tu volessi vendere casa non dovresti affidarti ad un Agente che non sa la differenza che passa tra un intonaco a gesso ed uno a calce.

La specializzazione e l’esperienza ti garantiscono che l’Agente Immobiliare abbia le vere competenze per trovare in tempi rapidi l’acquirente migliore per il tuo immobile e venderlo al miglior prezzo, pertanto l’Agente Immobiliare che reputerai più adeguato alla vendita, lo sarà anche dall’altra parte per l’acquisto.

3) CHIEDI ALL’AGENTE IMMOBILIARE QUALI STRUMENTI USA PER LA VALUTAZIONE E PER IL MARKETING

E’ difficile vendere un immobile se il suo prezzo è troppo alto rispetto a quello che offre il mercato circostante, oppure se viene proposto a persone che cercano un altro tipo di immobile

L’Agente Immobiliare deve essere in grado di valutare il più probabile prezzo di vendita dell’immobile ed inoltre deve sapere come reperire le persone realmente interessate al suo acquisto!

 

L’Agente Immobiliare DEVE INFORMARTI riguardo a:

  •  come procede per la giusta valutazione del più probabile prezzo di mercato dell’immobile;
  •  come ha intenzione di pubblicizzare l’annuncio di vendita;
  • quali canali ha intenzione di utilizzare per dare visibilità al tuo immobile.

4) CHIEDI LA MODALITA’ CON CUI L’AGENTE IMMOBILIARE PROPONE L’IMMOBILE E L’APPROCCIO INTERPERSONALE CHE INSTAURA CON I POTENZIALI ACQUIRENTI

L’Agenzia Immobiliare che hai scelto dovrebbe avere buone referenze, essere specializzata e avvalersi di professionisti del marketing per dare la massima visibilità al tuo immobile.

Se vuoi vendere il tuo immobile, hai bisogno di un Agente Immobiliare che sappia far leva sugli aspetti emozionali relativi all’acquisto, che sappia garantire una tale esperienza da rendere la semplice visita soddisfacente e completa sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista emotivo.

DA TENER PRESENTE SE L’AGENZIA IMMOBILIARE

  • riesce ad accogliere le persone e proporre il tuo immobile in maniera piacevole;
  • riesce a tenere vivo il rapporto dopo la visita e chiudere la vendita in un secondo momento;
  • riesce durante la visita a far cogliere ai clienti i migliori elementi costitutivi del tuo immobile in modo professionale ed emozionale, ad esempio facendo notare la particolare esposizione, la zona di ubicazione, le particolari apparecchiature di servizio, etc..

5) L’AGENZIA IMMOBILIARE E’ CHIARA E DEGNA DI FIDUCIA?

La fiducia ha bisogno di risposte chiare!

 

Qual è lo scopo primario di chi vuol vendere?

Vendere il prima possibile e al prezzo migliore.

 

Qual è lo scopo primario dell’acquirente?

Non prendere una fregatura e non pagare la casa più del prezzo reale di mercato.

 

Se l’Agente Immobiliare ha una buona reputazione, riuscirà senz’altro a coniugare i due aspetti e quindi ci saranno più possibilità per la conclusione della vendita; da ricordare sempre quello che vale per te, vale anche per l’acquirente.

Diventa quindi fondamentale, che il tuo Agente Immobiliare si preoccupi dello stato di fatto del tuo immobile, la sua situazione edilizio-urbanistica, catastale e ipotecaria.

In definitiva, “la legge è uguale per tutti“, se non vuoi problemi nella tua vendita, non devi crearli a chi compra.

 

Arrivati questo punto concorda con il tuo Agente un Mandato di Esclusiva, sicuramente riuscirai a venderlo in tempi brevi ed al miglior pezzo.

Se pensi che questo articolo sia di interesse per te a per qualche tuo amico condividilo.

Grazie e buona vendita

Emergenza Coronavirus e Contratti di Locazione e Affitto

Causa epidemia, anzi pandemia di coronavirus, siamo costretti a vivere in casa, uscendo solo per motivi di salute, di reale necessità e per lavoro, portandosi sempre dietro un modulo di autocertificazione, per giustificare la ragione dell’uscita da casa.

Il Covid-19 ha effetti anche sul mercato immobiliare, specialmente sugli affitti e locazioni.

Il Governo, almeno per il momento, non ha legiferato in merito, intendendo che non vi è nessuna misura d’emergenza che va a riconoscere un diritto per gli inquilini, o il dovere da parte del proprietario dell’immobile di ridiscutere la rata del canone di locazione.

Insomma, nessuna agevolazione per i pensionati, per i fuori sede che sono tornati nella propria città natale, anche se in quest’ultimo caso ci sono alcune possibilità.

L’unica soluzione per l’inquilino è quella di sentirsi con il proprio locatore e provare a rivedere il canone mensile, oppure comunicargli l’intenzione di voler andarsene da quella casa.

Nelprimo caso cioè che l’inquilino ed il locatore abbiano trovato un accordo sulla riduzione del canone mensile, avranno la possibilità di richiedere la riduzione dell’affitto/locazione sfruttando il modello 69 e di usufruire di una modalità agevolata per registrare l’accordo sulla riduzione temporanea del canone. Per evitare di pagare le imposte sui canoni non riscossi, è necessario che tale accordo venga registrato entro i trenta giorni successivi alla data di stipula dell’accordo stesso. La riduzione è ammessa per tutti i contratti di locazione e affitto, sia per immobili ad uso abitativo che ad uso commerciale, non ci sono differenze in merito alla durata del contratto, né al regime fiscale di tassazione ordinaria o cedolare secca, e non sono dovute spese di registrazione e l’atto è esente da bollo, come previsto dall’art. 10 del DL 133/2014.

Nel modello 69 si dovranno indicare:

  • i riferimenti del contratto di locazione sottoscritto;
  • i dati completi del locatore e dell’inquilino;
  • il canone annuale inizialmente stabilito;
  • il canone annuale ridotto sul quale è stato raggiunto l’accordo;
  • il numero dei mesi in cui si prevede che il canone mensile sia ridotto rispetto a quanto indicato nel contratto originale;
  • la data di stesura dell’accordo.

Nel secondo caso la disdetta della locazione avviene tramite idoneo preavviso redatto dall’inquilino per causa coronavirus, il quale non essendo più in grado di pagare la locazione avendo perso il reddito da lavoro, è suo diritto avanzare tale richiesta di disdetta adducendo la “giusta causa”, ma comunque sarà  tenuto a versare la somma relativa al preavviso.

ll locatore non avrà diritto pertanto ad opporsi alla disdetta.

Solo in alcuni casi per esempio uno studente fuori sede tornato nella propria città, può richiedere la riduzione dell’affitto, nel caso in cui pagava la rata grazie a un lavoro perso, oppure se lo ha perso il genitore del quale è a carico. Inoltre, possono esimersi dal pagamento anche gli studenti del progetto Erasmus.

Diverso invece il discorso in questo caso, visto che gli affitti delle attività commerciali sono rientrati nel Cura Italia, che all’articolo 65, con lo scopo di contenere per quanto possibile gli effetti negativi delle misure di contenimento anti-coronavirus, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, ma solo se l’immobile locato risulta in categoria catastale C/1.

L’Agenzia Tecnostudio Immobiliare è sempre Vostra disposizione per qualsiasi chiarimento in merito.

 

Bonus facciate Edifici – detrazione 90% delle spese

Il Bonus facciate è una detrazione in vigore dal 2020, aggiuntiva rispetto a tutte le altre già esistenti (ecobonus, detrazioni ristrutturazioni, sismabonus, bonus mobili) e riservata agli interventi che riguardano il decoro architettonico. Riguarda tutti gli edifici privati, dalla villetta al condominio, gli interventi edilizi, anche di manutenzione ordinaria, il recupero o il restauro della facciata. È nell’ Art 25 della Legge di Bilancio 2020 che sono state definite le regole per il Bonus facciate, per il 2020. Poi, nei mesi iniziali dell’anno, sono state definite altre regole e precisazioni, nella Circolare e nella Guida delle Entrate.

Il nuovo Bonus Facciate garantisce un super sconto fiscale del 90% per il miglioramento e l’abbellimento delle facciate degli edifici, senza nessun limite di spesa.

Può essere usufruito, da inquilini e proprietari, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, persone fisiche e imprese, quindi da tutti quei soggetti che possiedono a qualsiasi titolo l’immobile oggetto di intervento, per averne diritto è necessario realizzare interventi di recupero o restauro delle facciate esterne di edifici esistenti, di qualsiasi categoria catastale, compresi quelli strumentali.

Le due condizioni importanti più importanti per usufruire del Bonus Facciate sono:

La prima condizione è che gli immobili si trovino nelle Zone A e B (indicate nel decreto ministeriale n.1444/1968) o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai regolamenti edilizi comunali.

Zona A: comprende le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi.

Zona B: include le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A; in particolare, si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq.

Sono esclusi quindi dal “bonus facciate” tutti gli interventi realizzati su edifici che si trovano nelle zone C, D, E ed F.

La seconda condizione è che gli interventi devono essere eseguiti sulle facciate di edifici esistenti ben visibili da strada o da suolo pubblico, quindi restano esclusi gli interventi effettuati sulle facciate interne dell’edificio (chiostre cavedi ect.), se non visibili dalla strada o da suolo ad uso pubblico.

L’agevolazione fiscale consiste in una detrazione dall’imposta lorda (Irpef o Ires) ed è concessa quando si eseguono interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, anche strumentali. Sono inclusi anche gli interventi di sola pulitura o tinteggiatura esterna. La detrazione è riconosciuta nella misura del 90% delle spese documentate, sostenute nell’anno 2020 o, per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2020. La detrazione va ripartita in 10 quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi.

A differenza di altre agevolazioni per interventi realizzati sugli immobili per il “bonus facciate” non sono previsti limiti massimi di spesa ne limite massimo di detrazione, però i contribuenti interessati non possono cedere il credito corrispondente alla detrazione spettante, a meno che non venga stipulato un preliminare di vendita (compromesso); l’acquirente ha diritto all’agevolazione solo se è stato immesso nel possesso dell’immobile.

Infine sulle strutture opache della facciata influenti dal punto di vista termico o che interessino oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio, deve essere presentata pratica all’ENEA entro 90 giorni dall’ultimazione dei lavori.

Per maggiori chiarimenti consultare la guida dell’Agenzia Entrate bonus facciate all’indirizzo:

https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/233439/Guida_Bonus_Facciate.pdf/129df34a-b8b7-5499-a8fb-55d2a32a0b12

Covid-19 La Casa Bene Rifugio

La nostra vita è stata stravolta in poco tempo dal virus denominato Covid-19, infatti  tutti i nostri comportamenti sono cambiati, soprattutto gli scambi interpersonali sono stati vietati come le strette di mano, gli abbracci, le passeggiate insieme agli altri, etc.. Il nostro socializzare e lavorare adesso avviene attraverso smart phone o computer, le strade delle nostre città risultano pressoché deserte, e se durante la fila al supermercato si sente qualcuno starnutire o tossire ci sentiamo fortemente minacciati. In questo momento dove tutte le certezze e le nostre abitudini quotidiane sono state spazzate via dal Covid-19, l’unico luogo dove ci sentiamo al sicuro è la nostra abitazione.

 

 

La casa in Italia, negli ultimi decenni è stata oggetto di una elevata tassazione fin dal 1992 durante il Governo Amato che istituì l’ISI Imposta Straordinaria sugli Immobili; poi modificata in ICI, IMU e TASI dai Governi Successivi, vessando nel corso del tempo sempre di più il bene rifugio degli italiani, nonostante ciò gli italiani hanno da sempre considerato a ragione la casa un bene primario, ed è in questo momento così terribile per tutti che scopriamo quanto la casa sia importante per la nostra vita un rifugio, un luogo dove trovare conforto insieme ai nostri cari. Durante questa emergenza sanitaria nazionale la casa è diventata proprio l’unico bene rifugio degli Italiani non solo da un punto di vista letterale (riparo, difesa, protezione contro insidie o pericoli materiali, ambiente atto a proteggere da un pericolo reale o presunto), ma anche dal punto di vista economico. Stiamo navigando verso una crisi economica, dove i risparmi degli italiani sono duramente messi a rischio, pertanto la casa  rimane un investimento solido, sicuro ed efficace in quanto: solido perché si può toccare, sicuro perché ti può proteggere, efficace perché può darti un reddito costante per esempio attraverso la sua locazione.

 

Analizzando il valore della casa possiamo dedurre che esso può essere dato, dalla somma dei singoli valori dei singoli materiali e delle apparecchiature che la compongono (conglomerato cementizio, ferro, legno, impianti etc.) dedotta la loro vetustà, pertanto difficilmente il valore della nostra casa potrà scendere al di sotto di esso. Se invece valutiamo il valore della casa da punto di vista sociale, la casa risulta essere il luogo dove si costruisce la propria famiglia (perno principale della società civile), è il luogo per eccellenza di scambi sociali, di incontro con parenti e con amici.

Tutte queste considerazioni fanno comprendere perché la casa sia stata da sempre la migliore scelta di investimento in Italia continuando ad esserlo anche oggi.

Qui sotto sono elencati alcuni articoli apparsi recentemente su riviste di settore:

https://www.engelvoelkers.com/it/blog/abitare-nel-lusso/seconda-casa/casa-vacanze-ecco-perch%C3%A9-%C3%A8-un-ottimo-investimento/.

http://www.investilandia.it/investire-in-appartamenti-da-affittare-conviene-per-turisti-vacanze-case-a-reddito/

Se volete acquistare un’abitazione in maniera facile e sicura venitemi a trovare, logicamente dopo che è passata questa Emergenza Sanitaria Nazionale, A Presto.

 

AGEVOLAZIONI PRIMA CASA

Agevolazioni prima casa e detrazione sugli interessi passivi del mutuo viaggiano su strade separate, quindi come spesso accade molte volte si può generare confusione fra le due cose, pensando che le regole di un’agevolazione valgano anche per l’altra. Invece non è così. Le agevolazioni “prima casa” stanno alla base delle agevolazioni fiscali sull’acquisto dell’immobile, mentre il termine “abitazione principale” costituisce la base della detrazione sugli interessi passivi (non solo in caso di mutuo stipulato per l’acquisto dell’abitazione, ma anche per quello stipulato ai fini della costruzione). In altre parole, non necessariamente, sullo stesso immobile, l’applicazione di un beneficio comporta la consequenziale applicazione dell’altro. Anche l’arco di tempo in cui i due benefici vengono goduti è differente: da una parte circoscritti al solo momento dell’acquisto, e dall’altra spalmati attraverso più annualità.

 

I benefici in materia di imposte sull’acquisto della prima casa sono:
imposta di registro al 2% del valore catastale in caso di acquisto da un cittadino privato, in alternativa l’IVA con aliquota al 4% se l’acquisto avviene da un’impresa edile o da una cooperativa edilizia, poi le imposte ipotecaria e catastale che in caso di acquisto da cittadino privato sono ciascuna pari ad Euro 50; mentre in caso di acquisto da un soggetto passivo Iva ammontano ciascuna ad Euro 200.

Infatti come detto in precedenza, la prima casa non necessariamente coincide con l’abitazione principale. Quest’ultima, infatti, non può essere altro che la dimora fisica del contribuente, cioè l’immobile dove egli vive, mentre la prima casa è semplicemente un immobile abitativo il cui acquisto gode delle suddette agevolazioni nel momento in cui si rispettano determinati requisiti.

Per capirlo è sufficiente ricordare quali sono le tre regole d’oro affinché su l’acquisto trovino applicazione i benefici.
1) L’acquirente al momento dell’atto, deve impegnarsi – qualora non l’abbia già fatto – a stabilire entro 18 mesi la sua residenza nello stesso Comune dove si trova l’immobile, oppure se diverso nel territorio del Comune dove l’acquirente svolge la propria attività;
2) di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato;
3) di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.

A partire però da gennaio 2016 la nuova Legge di Stabilità è intervenuta ammettendo comunque l’acquisto della prima casa anche laddove non venga rispettato il secondo requisito, ovvero l’assenza di un altro immobile acquistato con l’applicazione dei benefici, a condizione però che entro un anno dalla data del nuovo acquisto il contribuente lo venda. Si può ad ogni modo notare come queste regole non prevedano in nessun modo l’obbligo di stabilire la propria dimora nell’immobile “prima casa”: è infatti sufficiente che la residenza anagrafica coincida col Comune dove si trova la casa acquistata, dopodiché, anche se l’appartamento dovesse restar vuoto o venir affittato, tale situazione non comporterebbe la decadenza dai benefici.

La decadenza di tali benifici infatti avviene solo in questi casi:
1) le dichiarazioni previste dalla legge nell’atto di acquisto sono false;
2) l’abitazione è venduta o donata prima che siano trascorsi cinque anni dalla data di acquisto, a meno che, entro un anno, non si riacquista un altro immobile da adibire in tempi “ragionevoli” a propria abitazione principale (il requisito del riacquisto non si considera soddisfatto nel caso in cui venga stipulato, entro l’anno dalla vendita del primo immobile, un contratto preliminare, in quanto questa fattispecie negoziale non produce l’effetto reale del trasferimento del bene, ma soltanto quello obbligatorio di concludere il contratto definitivo);
3) non viene trasferita la residenza nel Comune ove è situato l’immobile entro diciotto mesi dall’acquisto.

Viceversa, ai fini della detrazione sugli interessi passivi del mutuo (acquisto e/o costruzione) è importantissimo che l’immobile venga adibito entro un certo tempo ad abitazione principale. Nel caso dei finanziamenti stipulati per l’acquisto, la dimora dev’essere stabilita entro un anno dall’atto, mentre in caso di costruzione entro sei mesi dalla fine dei lavori.

COMPRARE CASE IN CLASSE A

NON SEMPRE CONVIENE COMPRARE CASA IN CLASSE A
Gli incentivi fiscali e soprattutto gli obblighi di legge contribuiranno a diffondere sempre di più le abitazioni ad alta prestazione energetica. Eppure, a livello di compravendite, queste rappresentano ancora una nicchia. Colpa del costo, certo, ma anche perché i potenziali acquirenti faticano a soppesare davvero la bontà della scelta. In quanto tempo ammortizzerò la spesa, a livello di risparmio energetico? Quanto varrà di più l’immobile? Oppure, se dovessi
ristrutturare, perché mi converrebbe “spingermi” fino alla classe A o oltre?
Oggi, secondo il rapporto congiunto i-Com-Enea-Fiaip, sul totale delle compravendite non più del 3-7% rientra nelle classi A+, A e B. E non va meglio per gli alloggi ristrutturati, che spesso si fermano alla C, e solo l’11% di queste operazioni eleva l’immobile dalla B in su.
Quanto ai prezzi, tracciare una media è difficile. «Se parliamo dei centri delle grandi città, gran parte del costo è dovuto alla posizione, più che alla classe energetica. Per acquistare questo
tipo di soluzioni, è sempre meglio spostarsi verso la periferia», ragiona Franco D’Amore, direttore dell’area Energia di i-Com.

Secondo (…) il prezzo medio degli immobili in Italia è di 1.940 euro al metro quadrato, mentre il costo medio per una casa in classe A è di 2.618 euro, una differenza quindi del 34%, ma che può toccare punte del 60% per progetti di particolare pregio, magari in classe A++, oppure vicini al centro.
E anche nella scelta “nuovo in classe A” contro “ristrutturato”, la seconda soluzione conviene sensibilmente: gli alloggi risistemati costano in media 2.262 euro al metro e consentono un risparmio vicino al 16 per cento. Perché, allora, investire nell’alta efficienza? «Tra breve, chi sceglierà il nuovo sarà obbligato a ricadere in queste classi per un mix di obblighi normativi», dice Domenico Prisinzano, ingegnere dell’unità Efficienza energetica dell’Enea. Almeno sulla carta infatti, dal 2021 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere a energia quasi-zero, stando al D.M. 26 giugno 2015, il cosiddetto “requisiti minimi”. In virtù del Dlgs 28 del 2011,
FIAIP News24, numero 43 – Maggio 2017 6 almeno il 50% dei consumi dovranno essere coperti da fonti rinnovabili, già per tutte le licenze edilizie richieste dal 1° gennaio 2018 (doveva essere 2017, ma il termine è stato esteso con l’ultimo decreto Milleproroghe). Eppure, se ci sarà l’obbligo a costruire, di sicuro non esisterà quello di acquistare immobili ad alta efficienza. E lo stock di immobili “energivori” sarà sempre
elevato e più a buon mercato.
Un paragone, calcolato da i-Com, potrebbe però convincere l’investitore anche solo a operare una buona ristrutturazione. Supponiamo di avere due abitazioni di 100 metri quadrati, una in classe A+ con un consumo energetico pari a 12 KWh/mq anno e una in classe G, con consumi pari a 210 kWh/m2 anno, alimentate a gas e posizionate in centro Italia. Si possono stimare costi per la gestione energetica di 170 euro l’anno nel primo caso e 1.440 nel secondo. Su un periodo di 15 anni, equivalgono a 2.550 euro (25,5 al metro) e di 21.600 (216 euro al metro).
Vediamo questi valori in rapporto ai prezzi. Per un immobile da ristrutturare, che si suppone in classe G, un valore medio di mercato oggi può approssimarsi in 1.500 euro al metro quadrato.
Significa che su questo valore i costi energetici incidono per circa il 14%. «Ristrutturando questo immobile e portandolo in classe A+, il suo valore di mercato, solo considerando i
risparmi energetici cumulati su 15 anni, dovrebbe aumentare di circa il 14%», conclude D’Amore di i-Com.
(Adriano Lovera, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Casa24”, 20 aprile 2017)

LA VENDITA ALL’ASTA SANA GLI ABUSI?

LA VENDITA ALL’ASTA NON SANA GLI ABUSI EDILIZI
La vendita all’asta di un immobile nell’ambito di una procedura espropriativa non comporta nessun effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati. A ribadirlo è il Consiglio di Stato,con sentenza del 2 maggio 2017, n. 1996.
Sempre più frequentemente si preferisce acquistare un immobile attraverso il canale delle aste giudiziarie: sia perché il prezzo di aggiudicazione è, spesso, molto più basso del valore di mercato, sia perché si evitano le spese del rogito notarile; difatti l’immobile viene trasferito all’aggiudicatario mediante il decreto di trasferimento adottato dal giudice.
Inoltre, è possibile avvalersi di agevolazioni fiscali; a tal riguardo si ricorda che l’art. 16 del D.L. n. 18/2016, convertito dalla L. n.49/2016, ha introdotto un regime di notevole favore per gli acquisti di immobili all’asta. Tuttavia, occorre tener presente che gli immobili sottoposti a pignoramento possono essere venduti anche nel caso in cui siano stati edificati commettendo abusi edilizi: in tal caso, entro quanto tempo è possibile sanare gli illeciti edilizi di un siffatto immobile acquistato all’asta?
Il Legislatore, proprio in merito alla scansione dei tempi per attivare la procedura di sanabilità delle opere, all’art. 40, ultimo comma, della Legge numero 47 del 1985, ha disposto che “nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.


Tuttavia, dal tenore della predetta disposizione non è assolutamente possibile dedurre che gli illeciti edilizi possano ritenersi sanati sic et simpliciter per effetto della sola conclusione della procedura esecutiva immobiliare.
Ad affermarlo è il Consiglio di Stato – con sentenza del 2 maggio 2017, n. 1996 – secondo cui
“La vendita all’asta di un immobile nell’ambito di una procedura espropriativa non importa alcun effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati”.
Nel nostro ordinamento, difatti, non si rinviene nessuna disposizione normativa positiva da cui dedurre che la vendita all’asta, nell’ambito di una procedura espropriativa, comporterebbe effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati.
Del resto alla medesima conclusione non è possibile pervenire neppure applicando il principio generale del c.d. “effetto purgativo” derivante dalla natura di acquisto a titolo originario del bene, effetto che riguarda più propriamente i diritti, i pesi e le limitazioni legali gravanti sul bene e non già lo stato di fatto materiale e antigiuridico in cui in ipotesi si trovi il bene.
Qualora l’abuso non sia sanabile, quali obblighi gravano sul compratore? Il compratore è tenuto a ripristinare in toto l’immobile allo stato precedente gli abusi edilizi; tuttavia, dal prezzo di asta dovrà essere decurtato l’importo necessario per il relativo ripristino.
(Daniela Sibilio, Il Sole24ORE – Estratto da “Tecnici24”, 16 maggio 2017)

CONTRATTO DI AFFITTO CHI PAGA?

A chi spetta pagare il compenso per l’agente immobiliare quando si affitta un appartamento? Si tratta sicuramente di un tema annoso, sul quale è utile fare un po’ di chiarezza.
La risposta, infatti, cambia in base alle circostanze: chi deve pagare l’agenzia immobiliare? L’inquilino o il proprietario? Anche se la legge stabilisce che la provvigione debba essere divisa in parti uguali, la norma generale può essere modificata.

 

Se il locatore ha incaricato un’agenzia immobiliare di trovare potenziali interessati a l’affitto di un appartamento, può prevedere che a pagare la provvigione sia l’inquilino. Nel caso in cui il padrone di casa stabilisce nel contratto una clausola secondo la quale a corrispondere la provvigione deve essere l’inquilino, se questi si sottrae al pagamento, non sta rispettando il contratto.

Il pagamento dell’agenzia immobiliare costituisce un onere a cui non poche volte le parti tendono a sottrarsi. La giurisprudenza fa chiarezza nel definire il momento in cui l’agente matura il diritto alla provvigione: quando, grazie alla sua attività, le parti concludono l’affare (anche se la firma del contratto avviene dopo la scadenza dell’incarico). L’affare s’intende concluso quando, per effetto dell’apporto del mediatore, si sia costituito tra il padrone di casa e il futuro inquilino un vincolo tale da condurre alla stipula del contratto vero e proprio (ad esempio un compromesso).

La legge stabilisce che la provvigione dell’agenzia immobiliare sia a carico di tutte e due le parti. Ma la regola può sempre essere modificata. L’inquilino e il padrone di casa infatti sono liberi di prevedere una deroga alla disciplina legale stabilendo – come succede nella norma – che il compenso a l’agente sia a carico dell’inquilino. Questo significa che il padrone di casa è libero di porre, tra le condizioni dell’affitto, l’obbligo per l’inquilino di corrispondere la provvigione. Se quest’ultimo si sottrae al pagamento, ritenendo che competa al locatore, non sta rispettando il contratto.

Se il locatore ha incaricato un’agenzia immobiliare per trovare potenziali interessati all’affitto e tra i patti è previsto che la provvigione sia a carico dell’affittuario, sarà quest’ultimo a dover versare il compenso al mediatore, anche se non gli ha mai conferito alcun incarico e non ha mai firmato un contratto con l’agenzia. In questi casi, infatti, come chiarito dalla Cassazione, non conta la presenza di un accordo scritto ma l’utilità concreta che il mediatore, con la propria opera, sia riuscito a realizzare in favore dei contraenti.
Normalmente quindi, la spesa dell’agenzia è a carico sia del padrone di casa che dell’inquilino, salvo patto contrario. Per cui, se tra le condizioni imposte dal locatore vi è il pagamento, a cura dell’inquilino, della provvigione quest’ultimo non potrà sottrarsi al versamento dell’importo.

Ricordo che il mediatore deve svolgere il proprio incarico rimanendo indipendente ed imparziale (ossia neutrale) rispetto alle parti , benché abbia ottenuto l’incarico solo da una di queste. Per aver diritto alla provvigione egli deve avere concretamente contribuito alla conclusione dell’affare: non è necessario che la sua opera sia la causa unica e diretta della conclusione del contratto, ma è sufficiente che abbia messo in contatto le parti e che tale circostanza costituisca l’antecedente indispensabile senza il quale l’affitto non sarebbe stato concluso. Non è necessario che l’opera del mediatore duri fino alla conclusione dell’affare. Ciò può verificarsi, ad esempio, nel semplice fatto di reperire l’altro contraente oppure nella segnalazione dell’affare.

Estratto da mioaffitto news del 27/06/2017

SISMICA EDIFICI VALORE

NON TRALASCIATE LA SICUREZZA SISMICA COME VALORIZZAZIONE DEL PREZZO NEGLI EDIFICI

Sicurezza sismica e impianti green valorizzano la casa.
Non c’è solo il beneficio immediato, che passa dallo sconto fiscale. L’impatto dei bonus per l’edilizia va misurato anche guardando alla valorizzazione del patrimonio immobiliare. La ricerca appena completata da Cresme e Symbola cerca di leggere gli incentivi per ristrutturazioni, antisismica ed efficienza energetica anche sotto questa nuova luce. Arrivando a un numero che esprime perfettamente l’importanza della manutenzione:? la spinta della riqualificazione può, infatti, aumentare del 30% il valore di ogni immobile. Spalmato su tutto il patrimonio edilizio, il potenziale è di 20 miliardi ogni anno.
Per arrivare a questi dati, Cresme ha analizzato 500mila annunci immobiliari residenziali nel periodo che va dal 2013 al 2016. È stato così possibile scoprire che mediamente le abitazioni ristrutturate immesse sul mercato hanno un prezzo (299mila euro) del 29% superiore a quelle non ristrutturate: la forbice, per la precisione, è di 65mila euro. Allo stesso tempo, gli immobili riqualificati sono meno permeabili alle fluttuazioni legate alla crisi: fra il 2015 e il 2016 le abitazioni ristrutturate hanno perso lo 0,9% del valore, quelle non ristrutturate il 4%.
Insomma – spiegano da Cresme e Symbola – «gli interventi di riqualificazione offrono un risultato in termini di valorizzazione patrimoniale, di incremento della ricchezza del paese».
Non c’è, però, solo l’incremento già realizzato. Questa forbice del 29% consente, infatti, di misurare anche l’impatto potenziale delle ristrutturazioni. Nel 2016, secondo l’Osservatorio del
mercato immobiliare, le case compravendute in Italia sono state 528mila: se tutte queste abitazioni fossero state ristrutturate, il valore di questo spicchio di patrimonio edilizio sarebbe
aumentato di circa 20 miliardi di euro. D’altronde, a fronte di un intervento medio di riqualificazione di 14.500 euro, una casa ristrutturata aumenta il suo valore di 65.750 euro.
Alla luce di questi dati, è evidente come la catena di trasmissione che mette in collegamento incentivi fiscali, riqualificazione degli immobili e attività delle imprese del settore sia strategica per far decollare la nuova edilizia. Anche perché gli italiani dimostrano grande sensibilità per questi temi, come illustra un sondaggio realizzato da Ipsos. Oltre il 70% degli intervistati è disposto a spendere di più per un’abitazione che consumi meno o che dia garanzie contro il rischio sismico. Questa maggiore efficienza passa quasi sempre dagli sconti fiscali, diventati ormai conosciutissimi. L’ecobonus, che permette di detrarre il 65% delle spese sostenute per la
riqualificazione energetica delle abitazioni, è familiare al 76% degli italiani. Paga, invece, la giovane età il sismabonus, che garantisce sgravi per le ristrutturazioni antisismiche: lo
conosce, infatti, il 54% della popolazione.
(Giuseppe Latour, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24”, 23 maggio 2017)